giovedì 20 dicembre 2007

Considerazioni sulla marca di un’organizzazione

Molte organizzazioni sono oggi il frutto di operazioni di fusione o di acquisizione ed hanno pertanto al loro interno svariati marchi e prodotti, talvolta distribuiti in settori diversi tra loro; la scelta dell’approccio comunicativo oscilla quindi tra una comunicazione riguardante il singolo marchio o prodotto e una comunicazione di un marchio “corporate”.
Per marchio corporate si intende qui “una rappresentazione visiva di un’organizzazione che raggruppa più attività o prodotti e sceglie di comunicarli sotto un nome unico, un’identità visiva condivisa ed un apparato simbolico comune”. (Van Riel – Fombrun, 2007)

Le organizzazioni utilizzano diverse strategie comunicative a seconda del loro background e di quello dei singoli marchi che esse raggruppano.
Di seguito si propone una classificazione di tali strategie ispirata da Wally Olins (1990):

  • strategia monolitica: l’organizzazione utilizza un unico simbolo per tutti i suoi prodotti;
  • strategia di supporto: le organizzazioni controllate hanno un proprio stile, ma l’organizzazione “madre” rimane visibile nello sfondo;
  • strategia di marca: le organizzazioni controllate hanno un proprio stile e non è immediatamente riconoscibile il rapporto con l’organizzazione “madre”.

Nella pratica il confine tra i diversi approcci proposti è molto sottile e non è raro che un’organizzazione utilizzi contemporaneamente più strategie comunicative, a seconda delle diverse esigenze dei singoli marchi.

Il problema della strategia da adottare si è fatto più vivo negli ultimi anni principalmente a causa della crescente esigenza, manifestata da diversi stakeholder, di trasparenza e comprensione delle dinamiche che rimangono dietro al singolo prodotto o servizio.
In proposito diverse ricerche accademiche suggeriscono che la strategia del marchio corporate sia opportuna nel momento in cui:

  • l’asimmetria informativa tra organizzazione e clienti è significativa;
  • i clienti percepiscono un alto livello di rischio nell’acquistare il prodotto o il servizio dell’organizzazione;
  • le peculiarità dell’organizzazione che stanno dietro al brand potrebbero essere determinanti per stimolare il cliente all’acquisto di un prodotto o di un servizio.

Il dibattito tra sostenitori e critici del marchio corporate è attualmente molto sentito, spesso all’interno della medesima organizzazione; di seguito un breve riassunto delle principali motivazioni pro e contro il marchio corporate.

Sostenitori del marchio corporate:

  • il marchio corporate crea una coerenza interna che favorisce la cooperazione;
  • il marchio corporate trasmette all’esterno delle caratteristiche di forza e importanza;
  • il marchio corporate è più economico da costruire rispetto alla costruzione di più marchi.

Critici del marchio corporate:

  • adottare il marchio corporate vorrebbe dire aver sprecato risorse nella costruzione degli altri marchi;
  • adottare il marchio corporate vuol dire rinunciare ad un marchio forte su base locale;
  • il marchio corporate limita le possibilità distributive;
  • la visibilità del marchio corporate può costituire un vantaggio presso alcuni stakeholder ma allo stesso tempo rappresentare un problema presso altri;
  • l’aumento di importanza del marchio “madre” riduce l’influenza dei “figli”.

Nel momento in cui un’organizzazione sceglie di adottare un marchio corporate ha la necessità di ridurre quanto più possibile la distanza fra sostenitori e critici al suo interno; per raggiungere tale scopo può operare principalmente su quattro piani:

  • strategia attraverso l’integrazione e la connessione delle diverse attività;
  • organizzazione attraverso la centralizzazione dei processi e dei protocolli;
  • personale attraverso l’identificazione dei dipendenti a tutti i livelli con l’organizzazione;
  • valore: prendendo consapevolezza del surplus che la reputazione del marchio corporate può portare ai singoli marchi o prodotti.

giovedì 13 dicembre 2007

Considerazioni sull’identità di un’organizzazione

L’identità di un’organizzazione costituisce l’insieme degli attributi dell’organizzazione che i suoi membri usano per descriverla; è la risposta alle “domande esistenziali” dell’organizzazione:

  • Chi siamo?
  • Cosa facciamo e come lo facciamo?
  • Qual è il nostro principale obiettivo?
  • Cosa significa lavorare per questa azienda?

Nell’identità di un’organizzazione si esprime pienamente la sua mission istituzionale, la motivazione alla base della sua esistenza.

L’identità si manifesta ai suoi pubblici di riferimento sotto diverse forme:


  • comportamenti: le iniziative che le organizzazioni supportano e i comportamenti che attuano;
  • simbolismi: l’utilizzo di messaggi visivi e audio (loghi, identità visiva etc.);
  • comunicazioni: comunicazioni verbali.

Le manifestazioni dell’identità vanno a costituire nei membri delle organizzazioni delle immagini che, se coerenti tra loro, si sedimentano nel tempo ed entrano a far parte del background reputazionale dell’impresa.
Per riuscire in tale obiettivo l'identità deve sviluppare alcune peculiarità:

  • centralità: le caratteristiche dell’impresa devono essere condivise da tutte le sue componenti;
  • continuità: le caratteristiche dell’organizzazione devono svilupparsi nel tempo e legare il passato di un’organizzazione al presente e al futuro;
  • unicità: le caratteristiche dell’organizzazione devono distinguerla chiaramente rispetto alle altre organizzazioni.

L’identità di un’impresa nasce a livello di top management come identità desiderata e si riflette in seguito su identità percepita, proiettata e applicata secondo lo schema seguente:



Basato su Van Riel - Fombrun, 2007

Le debolezze interne all’identità di un’organizzazione risiedono principalmente nelle discrepanze che possono formarsi tra i desideri del top management e la percezione dei membri dell’organizzazione o la comunicazione della caratteristiche identitarie.L’attività di gestione dell’identità consiste pertanto prevalentemente nell’individuazione di tali discrepanze e nella loro eliminazione; il processo può essere riassunto in cinque fasi:

  1. determinare in modo oggettivo quali caratteristiche l’organizzazione sta proiettando (identità proiettata) e testarle rispetto ai tre elementi di centralità, continuità e unicità (identità percepita);
  2. analizzare le caratteristiche che il management reputa attraenti (identità desiderata) e ciò che il personale complessivamente coglie di tali caratteristiche (identità applicata);
  3. misurare i gap tra le quattro tipologie di identità;
  4. determinare punti di forza e debolezza dell’identità;
  5. costruire un piano d’azione per colmare i gap tra le quattro tipologie di identità.

giovedì 6 dicembre 2007

La reputazione come valutazione delle performance comunicative di un’organizzazione

Per raggiungere i propri obiettivi un’organizzazione ha necessità di instaurare delle relazioni salutari con i suoi stakeholder di riferimento ed ha per questo bisogno di una comunicazione integrata che superi i limiti della frammentazione.


Una comunicazione funzionale dialoga con gli stakeholder secondo uno schema come quello proposto di seguito:

Basato su Van Riel - Fombrun, 2007
Nel modello proposto i giudizi dei diversi stakeholder costituiscono la reputazione di un’organizzazione; a questi stimoli l’organizzazione reagisce attraverso la sua struttura organizzativa e la produzione di contenuti che vanno ad alimentare la comunicazione.


La comunicazione agisce secondo tre principali direzioni:
  • comunica una strategia;
  • comunica l’identità profonda dell’organizzazione;
  • comunica la personalità del suo brand.
Il risultato è un messaggio univoco, una storia coerente che sintetizzi agli stakeholder l’organizzazione nel suo complesso; in questo senso la comunicazione corporate costituisce la garanzia che le comunicazioni dell’organizzazione siano allineate tra loro, pure conservando le proprie specificità.

In questo meccanismo la reputazione riveste un duplice ruolo:

  • essa è l’inizio e la fine del processo: l’obiettivo finale della comunicazione è quello di avere un impatto positivo sui suoi stakeholder ed accrescere in essi la reputazione dell’organizzazione, valore strategico in grado, come visto in precedenza, di costituire un importate vantaggio competitivo;

  • la reputazione è tuttavia anche lo strumento a disposizione delle organizzazioni per verificare le performance del proprio apparato comunicativo: infatti studiandone l’andamento nel tempo e le sue dinamiche si può determinare se e come una strategia comunicativa sia stata efficace o meno.

La necessità di una comunicazione integrata nella gestione della reputazione

La comunicazione è il mezzo attraverso il quale le organizzazioni accedono alle risorse vitali di cui necessitano per operare:

  • capitale
  • lavoro
  • materie prime
  • reputazione e legittimità
In un senso figurato essa costituisce l’apparato circolatorio del “corpo” organizzazione; collega tutte le parti dell’organizzazione rendendone l’operato funzionale all’obiettivo comune; una parte non raggiunta dalla funzione comunicativa o raggiunta da una comunicazione mal gestita rischia di “atrofizzarsi” danneggiando l’intero organismo.

Per questo motivo la comunicazione “corporate" è oggi una funzione fondamentale che si sta gradualmente affermando negli organigrammi delle grandi organizzazioni; una funzione della cui responsabilità si risponde direttamente al top management e il cui campo di azione è trasversale a tutte le attività dell’organizzazione.

Una comunicazione ben gestita coinvolge l’organizzazione nel suo complesso e non può ragionare per compartimenti stagni; le organizzazioni hanno bisogno infatti per gestire al meglio la propria reputazione di raccontare una storia che sia coerente, obiettivo impossibile se le funzioni comunicative al suo interno, che hanno diversi pubblici di riferimento, non sono in continuo dialogo tra loro.

martedì 27 novembre 2007

La definizione di reputazione

Il dibattito, accademico e non, che negli ultimi anni si è sviluppato attorno al concetto di reputazione ha prodotto molteplici definizioni; tra le molte proposte da importanti esponenti del mondo scientifico ci sembra che la più esaustiva sia quella proposta da Bennett e Kottasz (2000):

“La reputazione di un organizzazione è la fusione di tutte le aspettative, percezioni ed opinioni sviluppate nel tempo da clienti, impiegati, fornitori, investitori e vasto pubblico in relazione alle qualità dell’organizzazione, alle caratteristiche e ai comportamenti, che derivano dalla personale esperienza, il sentito dire o l’osservazione delle passate azioni dell’organizzazione.”

In tale definizione sono già delineate le principali “regole” di base della reputazione:

  • Non esiste un sola reputazione: essa è diversa a seconda dei portatori di interesse cui si riferisce, ognuno di essi ha infatti diverse esigenze, diversi interessi e diversi criteri di giudizio.
  • La reputazione si forma solo con il passare del tempo
  • La reputazione si fonda sui comportamenti e sulle azioni compiute dall’organizzazione e quindi sulla sua storia reale
  • La reputazione è condizionata dalle esperienze mediate che il portatore d’interesse fa con l’organizzazione
Una definizione organica del concetto di reputazione è il frutto della mediazione tra punti di vista diversi; un approccio multidisciplinare al problema è infatti un punto di partenza imprescindibile per comprendere al meglio le questioni legate alla reputazione.

Per gli psicologi la reputazione è l’insieme delle associazioni cognitive attinenti ad un’organizzazione sulla cui base i portatori d’interesse orientano i propri comportamenti di supporto o di resistenza all’organizzazione stessa.
La reputazione di un’organizzazione costituisce un sistema di significati che gli individui usano per organizzare le impressioni sull’organizzazione, un semplificatore della realtà circostante.

Per gli economisti la reputazione è l’insieme dei segnali che le organizzazioni usano per costruire un vantaggio competitivo e comunicare la propria forza.
In questa prospettiva le organizzazioni investono in reputazione poiché essa costituisce un segnale informativo in grado di aumentare l’attrazione verso se stesse

Per gli strateghi la reputazione costituisce una barriera alla mobilità e una risorsa per le organizzazioni; una buona reputazione è un tratto distintivo che garantisce un vantaggio competitivo in grado di proteggere l’organizzazione dall’ingresso nel mercato di nuovi concorrenti.

Per i sociologi la reputazione è un indicatore di legittimità che racconta dell’operato di un’organizzazione in relazione alle aspettative e alle norme della società; le “classifiche reputazionali” sono dei costrutti sociali che parlano delle relazioni che le organizzazioni hanno con i loro portatori di interesse, in un ambiente sociale condiviso.

Per gli esperti di organizzazione la reputazione è un interpretazione cognitiva dell’organizzazione usata dagli osservatori esterni per costruire significato e dagli interni e il top management per dare significato.
In questo approccio l’identità di un’organizzazione influisce sulle percezioni e le motivazioni del management e dei lavoratori e sul modo in cui essi si relazionano con l’esterno; la cultura e l’identità di un’organizzazione diventano elementi fondamentali per la costruzione di una reputazione

Per gli amministrativi la reputazione è una risorsa intangibile che misura la differenza tra il valore delle sue risorse tangibili certificate nei bilanci delle organizzazioni e il suo valore di mercato.
Quest’ultimo punto in particolare ha stimolato un dibattito tuttora aperto per la difficoltà per i sistemi contabili nella valutazione delle risorse intangibili e della loro capitalizzazione negli anni.

giovedì 22 novembre 2007

I segnali del cambiamento e l’importanza della reputazione

L’importanza che sta gradualmente assumendo per imprese e organizzazioni la comprensione e la gestione della propria reputazione nasce dalla consapevolezza che i cambiamenti avvenuti nel mercato e nella società hanno reso necessaria una rivisitazione delle strategie di gestione dell’organizzazione stessa.

La progressiva diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione, il loro basso costo di gestione e la loro facilità d’uso ha fatto si che ognuno di noi ha oggi a disposizione una mole considerevole di informazioni; basti pensare all’aumento delle pubblicazioni di quotidiani e periodici, alla crescente diffusione della free press, al proliferare dei canali satellitari e all’espansione di internet per cui con estrema velocità si può accedere ad innumerevoli informazioni e altrettanto rapidamente diffonderle tramite forum, blog, posta elettronica, messaggistica istantanea; in particolare la rete ha contribuito a fare del singolo un comunicatore attivo, in grado di produrre e diffondere contenuti in autonomia..

Accanto alle informazioni si sono moltiplicati anche gli stimoli a carattere pubblicitario e commerciale; l’abbondanza di tali stimoli si accompagna tuttavia ad una loro minore efficacia sul consumatore per il quale costituiscono talvolta una sorta di “rumore di fondo” con un appeal ridotto.
L’aumento dell’offerta di prodotti che sono talvolta simili tra loro ha fatto si che il consumatore abbia a disposizione un’ampia possibilità di scelta cui le imprese rispondono puntando sulla promozione del marchio cui un prodotto è legato più che sul prodotto stesso.

Inoltre la globalizzazione ha portato all’apertura di nuovi mercati favorendo le multinazionali con la possibilità di delocalizzare la produzione, reperire risorse finanziarie a basso costo e personale qualificato con maggiore facilità; questo aumento di opportunità si accompagna tuttavia ad una maggiore visibilità e pertanto ad un aumento di rischio reputazionale.

I cambiamenti appena descritti hanno modificato il profilo delle organizzazioni e della società in cui esse operano.

La società guarda oggi alle organizzazioni con occhio critico, cercando molteplici informazioni che accanto alle comunicazioni ufficiali, la aiutino a comprendere ciò che sta “dietro” un prodotto od un’azienda; il cliente è oggi più volatile, meno fidelizzato, sa di avere a sua disposizione una vasta gamma di scelte possibili e chiede trasparenza e responsabilità alle organizzazioni e alle sue leadership.

Dal canto loro le imprese, coscienti dell’aumento della pressione competitiva e della minore efficacia della pubblicità tradizionale, inseriscono maggiormente nella loro agenda anche attività come pubbliche relazioni, sponsorship ed iniziative di responsabilità sociale.

Per mantenersi competitiva nel nuovo scenario emerge la necessità per un’organizzazione di ridefinire le proprie strategie, non solo comunicative, ed orientarle verso un paradigma diverso che metta la reputazione tra gli asset imprescindibili del suo operato; essa agisce infatti sulle opinioni dei portatori di interesse ricoprendo il ruolo di semplificatore della realtà e scorciatoia nel processo decisionale.

mercoledì 14 novembre 2007

Laboratorio e dibattito sulla reputazione

Il 21 Novembre 2007 avrà inizio il Laboratorio "Reputazione d'impresa" presso la facoltà di Scienze della Comunicazione.

Quale migliore occasione per avviare un dibattito costruttivo su un tema così di attualità?

La reputazione è infatti un paradigma intepretativo della realtà sociale ed economica, un fine per le organizzazioni e le imprese, un giudizio personale che aiuta ognuno di noi a prendere decisioni.
E' un argomento complesso, "eticamente" spinoso e quindi perfetto per una discussione alla luce del sole.

Perfetto quindi per discuterne con degli studenti di Scienze della Comunicazione in un blog.